Open Access
Issue
BIO Web Conf.
Volume 12, 2019
41st World Congress of Vine and Wine
Article Number 02016
Number of page(s) 3
Section Oenology
DOI https://doi.org/10.1051/bioconf/20191202016
Published online 19 February 2019

© The Authors, published by EDP Sciences, 2019

Licence Creative CommonsThis is an Open Access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/), which permits unrestricted use, distribution, and reproduction in any medium, provided the original work is properly cited.

1. Introduzione

Il difetto di luce è un'alterazione olfattiva che può apparire nel vino bianco imbottigliato in bottiglie di vetro chiaro ed esposto alla luce. In particolare, le lunghezze d'onda nella regione del visibile, comprese tra 370 nm e 450 nm, influenzano negativamente le caratteristiche sensoriali del vino bianco in un tempo breve [13]. In queste condizioni di stoccaggio, il deterioramento dell'aroma del vino bianco è duplice: la luce causa la perdita delle note fruttate e floreali ed è responsabile della comparsa di aromi descritti come “cavolo cotto” a causa della formazione di composti solforati quali metantiolo (MeSH) e dimetil disolfuro (DMDS) [45]. Tali molecole hanno origine dalla reazione tra riboflavina (RF), una vitamina altamente fotosensibile, e metionina (MET). Se nel vino bianco esposto alla luce è presente RF, essa viene foto-ridotta a seguito dell'acquisizione di due elettroni equivalenti dalla MET che genera metionale [5]. Il metionale, a sua volta, è instabile e fotosensibile e, attraverso una reazione di retro-Michael, si decompone in MeSH ed acroleina. In seguito due molecole di MeSH producono DMDS [5]. Il MeSH è altamente volatile, con un punto di ebollizione pari a 37 C, una bassa soglia di percezione (0.3 μg/L) ed è responsabile delle note di “cavolo” o “uova marce”. Il DMDS è meno volatile del MeSH, ma la soglia di percezione è ancora bassa (20–45 μg/L) ed è responsabile della comparsa di difetti descritti come “cavolo cotto” o “cipolla” [6]. Numerosi vini bianchi hanno mostrato la tendenza a sviluppare il difetto di luce a causa della RF. Precedenti studi riportano che il rischio che il difetto di luce possa apparire nel vino è ridotto per concentrazioni di RF inferiori a 50–80 μg/L [78]. La RF nell'uva è presente in quantità trascurabile, generalmente intorno a poche decine di μg/L [9], ma può aumentare nel corso della vinificazione per l'attività metabolica di Saccharomyces cerevisiae [10].

Gli approcci enologici utili a limitare il rischio che il difetto di luce si sviluppi comprendono la protezione del vino dalla luce, l'impiego di un ceppo di lievito basso produttore di RF, una caratteristica ceppo-dipendente [11], e la rimozione della RF prima dell'imbottigliamento. Al fine di ridurre la concentrazione di RF, il trattamento del vino bianco con bentonite (100 g/hL) [7] e, in particolare, con carbone attivo in quantità relativamente basse (10 g/hL) si sono dimostrati efficaci portando ad un decremento di RF fino al 70% [11]. Tuttavia, l'impego del carbone attivo dovrebbe essere limitato in quanto potrebbe causare l'impoverimento aromatico del vino. Maujean e Seguin [12] hanno riportato che l'aggiunta di flavan-3-oli limita la comparsa del difetto, probabilmente per un effetto schermante nei confronti della luce. Recentemente è stato dimostrato che i tannini da legno possiedono l'abilità di proteggere il vino limitando la formazione dei composti solforati associati al difetto. È stato ipotizzato che i tannini possano fungere da donatori di elettroni competendo con la MET dal momento che tale amminoacido è risultato meno degradato quando i tannini sono presenti [13]. Non è noto quale sia l'evoluzione del difetto di luce nel vino durante la conservazione. La domanda è: come cambia un vino esposto alla luce a seguito della conservazione al buio? E ancora: il difetto di luce rimane inalterato durante la shelf-life?

Al fine di rispondere a queste domande, nello studio presentato è stato valutato il difetto di luce in soluzione modello addizionata di RF e MET ed esposta alla luce cui è seguita la conservazione al buio per 24 mesi. La soluzione modello è stata addizionata di antiossidanti, quali anidride solforosa, glutatione e tannino di castagno, singolarmente o in combinazione fra loro, al fine di indagare il loro eventuale effetto protettivo nella comparsa del difetto di luce.

2. Materiali e metodi

La soluzione modello (acido tartarico 5 g/L, etanolo 12% (v/v), pH 3.2) contenente RF (200 μg/L) e MET (4 mg/L) è stata addizionata di anidride solforosa (SO2; 20 mg/L), glutatione (GSH; 50 mg/L) e tannino di castagno (T; 50 mg/L), singolarmente o in combinazione, come riportato in Tabella 1. Le soluzioni sono state poste in bottiglie chiuse ermeticamente ed esposte alla luce per 2 ore utilizzando una lampada fluorescente (6500 lm) con 6500 K di temperatura di colore. Successivamente, le bottiglie sono state conservate al buio per 24 mesi alla temperatura di 18 ± 2 C. Analoghe soluzioni non illuminate sono state mantenute al buio e conservate nelle stesse condizioni. Per tutti i campioni sono stati determinati: GSH, RF, MET e due suoi composti di ossidazione, metionina sulfossido (MET-SULFOX) e metionina sulfone (MET-SULF). Solo nei campioni addizionati di tannino di castagno è stato misurato l'indice di polifenoli totali (IPT) a 280 nm ed il colore (assorbanza a 420 nm). Le determinazioni di GSH, RF, MET MET-SULFOX e MET-SULF sono state eseguite in UPLC-UV. La comparsa del difetto di luce è stata valutata sia sensorialmente che analiticamente mediante determinazione di MeSH, DMDS e dimetil trisulfuro (DMTS) mediante tecnica SPME/GC-MS. Inoltre, è stata valutata l'eventuale influenza degli antiossidanti testati sulla formazione di sotolone. Le aggiunte degli antiossidanti sono state eseguite nel vino bianco seguendo lo stesso piano sperimentale riportato in Tabella 1 ed i campioni di vino sono stati conservati per 24 mesi alla temperatura di 18 ± 2 C.

Tabella 1.

Piano sperimentale adottato nello studio. La dicitura “SV” indica la soluzione modello (acido tartarico 5 g/L, etanolo 12% (v/v), pH 3.2) contenente riboflavina (200 μg/L) e metionina (4 mg/L).

3. Risultati e discussione

Come atteso, nei campioni esposti alla luce la RF è risultata completamente degradata indipendentemente dalla presenza degli antiossidanti.

Per la MET, invece, la diminuzione è dipendente sia dall'antiossidante aggiunto che dalla loro combinazione, ed è compresa tra 11% nella prova addizionata di tannini e a 87% dove sono presenti i tre antiossidanti saggiati. Tra i composti che derivano dell'ossidazione di MET, MET-SULF e MET-SULFOX sono i principali [14]. Nelle condizioni sperimenti adottate, MET-SULF non è stato rilevato, mentre si osserva la presenza di MET-SULFOX in tutti i campioni la cui concentrazione è pressoché corrispondente alla MET degradata solo quanto è presente SO2. Ciò consente di ipotizzare che l'effetto protettivo di SO2 nei confronti della comparsa del difetto di luce precedentemente osservato [13] sia dovuto alla completa ossidazione di MET a MET-SULFOX che impedisce così la formazione di metionale e, di conseguenza, di MeSH e DMDS [515].

Concentrazioni residue di GSH comprese tra 2.36 ± 0.75 mg/L e 7.89 ± 0.63 mg/L rispettivamente nei trattamenti SV + GSH e SV + T + SO2 + GSH sono state rilevate nei campioni esposti alla luce. È anche presente cisteina probabilmente originata dalla degradazione del GSH. Il fatto che la quantità residua di GSH sia maggiore in presenza di tannini suggerisce la maggiore attività scavenger e/o quencher dei composti fenolici rispetto al GSH. Al contrario, in tutti i campioni conservati al buio il GSH è assente probabilmente a causa della sua ossidazione [16]. La ragione per cui il GSH abbia mostrato tale comportante inatteso non è chiara, ulteriori prove saranno necessarie per chiarire il ruolo del GSH nei fenomeni foto-ossidativi.

L'IPT ed il colore sono stati determinati solo nei campioni in cui i tannini erano presenti. Mentre per il IPT le differenze dovute all'esposizione alla luce sono trascurabili, una diminuzione dell'assorbanza a 420 nm è stata osservata in tutti i campioni esposti alla luce. Ciò suggerisce che i fenomeni ossidativi, potenzialmente causa di imbrunimento, non sono favoriti dalla luce.

L'aggiunta combinata dei tre antiossidanti è risultata la più efficace dal momento che sono state rilevate quantità trascurabili di MeSH e DMTS, mentre, DMDS non è stato rilevato. Tale risultato è supportato anche dall'analisi sensoriale: non sono state osservate differenze significative in confronto al campione di controllo (soluzione modello). L'aggiunta di anidride solforosa limita la formazione del DMTS il cui ruolo e meccanismo di formazione restano da chiarire. Considerando i tre antiossidanti, l'ordine di efficacia nel prevenire la formazione del difetto di luce è risultato anidride solforosa > tannino di castagno > glutatione.

Il solotone è il composto responsabile dell'invecchia-mento atipico del vino bianco [17]. Da precedenti studi è stato osservato che l'aggiunta di preparati a base fenolica come potenziali sostituti della SO2 potrebbe favorire la formazione di sotolone [18]. Nelle condizioni sperimentali adottate, il sotolone è stato rilevato in quantità trascurabili dovuto alla presenza di antiossidanti aggiunti, sia singolarmente che in combinazione. La maggiore concentrazione è stata osservata nel campione SV + T + SO2 + GSH (2.1 ± 0.4 μg/L). Tale concentrazione è circa la metà rispetto al campione privo di antiossidanti (3.9 ± 0.7 μg/L). In ogni caso, la concentrazione di sotolone è risultata inferiore alla soglia di percezione olfattiva (7–8 μg/L) nel vino bianco [19].

La conservazione ha avuto un effetto non trascurabile sulla composizione della soluzione modello quando erano presenti antiossidanti. In particolare, la MET è diminuita in tutti i campioni e nei trattamenti SV + GSH e SV + T + GSH non è stata rilevata. Non solo, in presenza di tannini la RF è diminuita di circa il 40%, eccetto per SV + T + SO2 + GSH. I decrementi di MET e RF osservati suggeriscono che gli antiossidanti saggiati potrebbero limitare la comparsa del difetto di luce se l'esposizione alla radiazione luminosa dovesse avvenire durante la commercializzazione del vino.

4. Conclusioni

L'evoluzione del difetto di luce nel corso della conservazione è un aspetto importante che consente di comprendere meglio i cambiamenti sensoriali post-imbottigliamento. L'aggiunta degli antiossidanti ha mostrato di possedere un effetto protettivo anche attraverso la riduzione di MET e RF durante la conservazione al buio. Al tempo stesso, i fenomeni ossidativi responsabili di alterazioni sensoriali non sono stati osservati.

Acknowledgments

Il supporto economico di Piano di Sostegno alla Ricerca 2015/2017 – Linea 2 – Università degli Studi di Milano.

Riferimenti

Tutte le tabelle

Tabella 1.

Piano sperimentale adottato nello studio. La dicitura “SV” indica la soluzione modello (acido tartarico 5 g/L, etanolo 12% (v/v), pH 3.2) contenente riboflavina (200 μg/L) e metionina (4 mg/L).

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