Open Access
Issue
BIO Web Conf.
Volume 15, 2019
42nd World Congress of Vine and Wine
Article Number 04007
Number of page(s) 6
Section Safety and Health
DOI https://doi.org/10.1051/bioconf/20191504007
Published online 23 October 2019

© The Authors, published by EDP Sciences, 2019

Licence Creative CommonsThis is an Open Access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License 4.0, which permits unrestricted use, distribution, and reproduction in any medium, provided the original work is properly cited.

1. Introduzione

L'Italia è il paese produttore ed esportatore di vino più importante del mondo, con più di 650,000 ettari coltivati ad uva da vino [1] e con un volume di affari di oltre undici miliardi di euro [2]. Nell'ambito della produzione nazionale, assoluto rilievo possiede la produzione enologica pugliese. Negli ultimi trent'anni si è osservato, infatti, un importante trend di crescita qualitativa nell'Italia meridionale ed in particolare in Puglia. Le varietà di uva da vino più coltivate in questa regione sono Negroamaro, Primitivo, Bombino bianco, Bombino nero, Trebbiano toscano, Uva di Troia, Sangiovese, Montepulcianoe Malvasia Nera. In particolare, i prodotti enologici tipici come Primitivo, Negroamaro, Nero di Troia e Aglianico, hanno visto un crescente apprezzamento da parte dei consumatori nazionali ed esteri, distinguendosi nei concorsi enologici nazionali ed internazionali.

Dopo le crisi produttive e commerciali provocate nella viticoltura europea dai parassiti provenienti dal Nuovo Mondo, fin dalla seconda metà del secolo XIX, i viticoltori pugliesi avevano sviluppato la linea produttiva dei vini da taglio, vini molto strutturati, fortemente colorati e con alto tenore alcolico. Questi vini sono stati per molto tempo una componente necessaria per il taglio dei vini prodotti in areali più a nord, in Italia e all'estero. Il progresso delle conoscenze tecniche viticole e l'utilizzo della migliore tecnologia enologica (in particolare, l'uso del freddo in cantina, dei lieviti selezionati, ecc.) hanno comportato un innalzamento del livello qualitativo di tale tipologia di vini, rendendoli adatti al consumo diretto. Questo ha destato l'interesse del consumatore e ha comportato la loro affermazione sul mercato.

A livello mondiale, si sta assistendo negli ultimi decenni a due tendenze contrapposte: il consumo di vino sta aumentando nei paesi nuovi consumatori (che partivano da valori bassi pro-capite), mentre sta diminuendo nei paesi di tradizionale consumo. In particolare, i consumatori sono sempre più attenti e consapevoli che un corretto stile di vita e una sana alimentazione sono fondamentali per la salute e la prevenzione di moltissime patologie. Questa attenzione da parte dei consumatori è stata rivolta anche verso il consumo di vino, con l'affermazione di concetti pertinenti l'importanza del “bere moderato”, evitando così le conseguenze negative di un eccessivo consumo di alcol, e nello stesso tempo del “bere di qualità”, considerando gli effetti positivi che i polifenoli del vino hanno sulla salute dell'uomo. Numerose ricerche, infatti, hanno messo in evidenza la relazione positiva tra il consumo moderato e prolungato di vino e la minore incidenza di patologie cardiovascolari e, più in generale, delle patologie multifattoriali ad elevato stress ossidativo [3]. Le motivazioni del consumo di vino sono, quindi, spiegate sia dall'insieme di sensazioni e situazioni positive, sintetizzabili nel “piacere dionisiaco” derivante dal suo consumo, che dai sempre meglio conosciuti vantaggi salutistici che derivano dal bere moderato.

I benefici attribuibili al vino dipendono fortemente dalla sua composizione chimica, che a sua volta è strettamente legata alla varietà dell'uva, all'ambiente pedoclimatico di coltivazione del vigneto, alle tecniche colturali ivi praticate, ai diversi metodi di vinificazione dell'uva e alle tecniche di elaborazione del vino [4]. Pertanto, le caratteristiche del vino e gli effetti positivi sulla salute sono la conseguenza di numerosi fattori che insieme determinano la qualità del vino. In particolare, i principali responsabili degli effetti salutistici attribuiti al vino sono i composti polifenolici. Classificandoli in base allo scheletro carbonioso, le sostanze fenoliche si dividono in: “non flavonoidi” (stilbeni, acidi idrossicinnamici e benzoici) e “flavonoidi” (antociani, flavanoli, flavoni, e isoflavoni) [5]. L'uva contiene i composti non-flavonoidi soprattutto nella polpa, mentre i composti flavonoidi sono presenti per lo più nella buccia, nel seme e nel rachide. La composizione fenolica del vino è influenzata da una serie di fattori: la varietà dell'uva, la tecnica colturale, le condizioni pedo-climatiche e le tecniche di vinificazione e di affinamento del vino. Da quando l'uva è pigiata, sin da prima della fermentazione alcolica e poi durante, avvengono diverse reazioni di condensazione che coinvolgono alcune delle classi di molecole menzionate (specialmente antocianine, catechine, procianidine), causando la formazione di nuovi pigmenti polimerici responsabili del cambio di colore. Inoltre, i composti polifenolici influenzano anche altre proprietà, oltre al colore, come l'astringenza, l'amarezza, e molte delle caratteristiche di interesse biologico, correlate al potere antiossidante. Il vino rosso e quello bianco possiedono un profilo polifenolico molto diverso, sia per l'influenza varietale sia a causa delle differenti tecniche di vinificazione. La permanenza delle vinacce nel mosto (vinificazione in rosso) permette una migliore estrazione delle sostanze polifenoliche e quindi una maggiore concentrazione di fenoli a prodotto finito [6].

Le prime indicazioni sugli effetti positivi del consumo di uva sulla salute umana risalgono al Paradosso Francese, quando nel 1992 uno studio epidemiologico sulla popolazione francese rivelò che i Francesi, nonostante una dieta ricca di grassi e la presenza di fattori di rischio simili ad altre popolazioni, avevano una più bassa incidenza di malattie cardiovascolari [7]. Da tale osservazione, le ricerche sugli effetti del consumo di uva sono aumentate a dismisura. In particolare, oggi è noto che polifenoli del vino esercitano una serie di attività sia in vitro che in vivo sul metabolismo dell'uomo, in particolare sui processi infiammatori ed emostatici [89].

Tra i meccanismi d'azione dei polifenoli, quello ampiamente studiato è l'attività antiossidante che questi composti possiedono. I composti antiossidanti sono in grado di ridurre significativamente le azioni deleterie dei radicali liberi che si formano nel nostro organismo, neutralizzandoli e quindi prevenendo l'incidenza di processi degenerativi come il cancro, le malattie cardiovascolari, diabete, ecc. [10]. Proprio a causa della loro importanza, ad oggi esistono diversi metodi per valutare l'attività antiossidante dei composti polifenolici come i test ORAC (oxygen radical absorbance capacity), DPPH (2,2-diphenyl-2-picrylhydrazyl, ABTS (3-ethylbenzothiazoline-6-sulfonic acid) e FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) [11].

I composti polifenolici presenti nell'uva e nel vino sono stati ampiamente caratterizzati ed è noto che possiedono un alto potenziale antiossidante. Pochi studi sono stati, invece, eseguiti sul potere antiossidante dei vini pugliesi. In questo studio abbiamo esaminato il poter antiossidante di ventisette vini pugliesi, prodotti nel rispetto dei locali disciplinari per la denominazione di origine, DOP e IGP, rappresentativi di uno dei territori più importanti dell'enologia nazionale italiana.

2. Materiali e metodi

2.1. Vini

I vini monovarietali oggetto di questo studio sono stati ottenuti dalla vinificazione di uve di quindici varietà, fra le più importanti del territorio Pugliese, come Primitivo, Negroamaro, Malvasia Nera di Brindisi/Lecce, Aglianico, Aleatico, Susumaniello, Cabernet Sauvignon, Lambrusco, Merlot, Fiano, Falanghina, Verdeca, Minutolo, Chardonnay, Pinot Grigio.

I vini sono stati ottenuti nel rispetto dei disciplinari di produzione, Primitivo di Manduria DOP (Papale DOP e Papale Oro) (DM 7 Marzo 2014), IGP Salento (12 e Mezzo Primitivo e 12 e mezzo Rosato e i rimanenti vini) (DM 28 Novembre 2013). Le vinificazioni sono state effettuate presso la cantina Varvaglione Vigne & Vini srl, situata a Leporano in provincia di Taranto, azienda leader del settore. Sono stati analizzati anche quattro campioni provenienti da bottiglie già in fase di commercializzazione, e precisamente i vini: Papale Oro, Papale Dop, 12 e mezzo Primitivo e 12 e Mezzo Rosato.

Sono state considerate, inoltre, anche altre variabili come il colore del vino (rosso, rosato e bianco), l'età del vino (per alcune varietà sono stati esaminati vini di diversa età, come nel caso del Primitivo per il quale sono stati esaminati campioni di quattro annate di vinificazione: 2018, 2017, 2016 e 2015), il metodo di produzione (biologico e convenzionale), la presenza di un eventuale congruo periodo di invecchiamento in botte durante la fase di invecchiamento e di elaborazione, l'utilizzo della tecnica del salasso (allontanamento di un'aliquota di circa il 30% del mosto, dal pigiato appena ottenuto).

Le analisi chimiche standard (residuo zuccherino, aciditá titolabile, aciditá volatile, pH e grado alcolico) sono state effettuate in accordo con il regolamento europeo ufficiale 2676/90. La quantificazione dell'acido lattico e dell'acido malico è stata ottenuta con metodo enzimatico.

2.2. Determinazione polifenoli totali

I polifenoli totali sono stati misurati secondo il metodo spettrofotometrico in microscala [12]. Nel dettaglio, a 0.2 ml di vino opportunamente diluito, sono stati aggiunti 0.2 ml di reattivo di Folin e 0.8 ml di una soluzione di sodio carbonato al 10% e portati al volume di 4 ml con acqua distillata. Dopo 90 min, sono stati letti i valori di assorbanza a 765 nm.

2.3. ORAC

Il test fluorimetrico sui vini è stato condotto secondo la procedura di Ou et al., 2002 [13]. Tutti i reagenti sono stati preparati in buffer fosfato (75 mM, pH 7.0). Il Trolox (6.25–150 µM) è stato utilizzato come standard. In breve, 150µl di fluoresceina (0.08 µM) e 25 µl of campione di vino, opportunamente diluito, sono stati introdotti in micropiastre da 96 pozzetti, ed incubati per 15 min a 37 C. Successivamente sono stati aggiunti 25 µl di AAPH (150 mM) e i valori di fluorescenza (530 lunghezza d'onda di emissione; 485 lunghezza d'onda di eccitazione) sono stati misurati ogni 2 min per 120 min a 37 C usando il lettore FLUOstar OPTIMA BMG LABTECH (Offenburg, Germany). Tutti i campioni sono stati utilizzati in triplicato. I valori finali di ORAC sono espresso come micromoli di Trolox equivalenti per litro di vino (µmol TE/ l).

2.4. DPPH

Il potere antiossidante dei vini è stato misurato facendo reagire 100 µl di vino, opportunamente diluiti, con 2 ml di una soluzione di DPPH preparata sciogliendo 4,8 mg di DPPH in 200 ml di etanolo [14]. Dopo un'incubazione di 60 min, a 37 C e al buio, è stata registrata la diminuizione del picco del radicale a 517 nm. I risultati sono espressi come micromoli di Trolox equivalenti per litro di vino (µmol TE/ l).

2.5. Analisi statistica

I risultati sono espressi come media ± deviazione standard. Il coefficiente di correlazione di Pearson e l'Analisi della Componente Principale (PCA) sono stati determinati con il software statistico Statgrafics centurion XVI.I.

3. Risultati e discussione

3.1. Analisi Chimiche dei vini

I campioni di vino sono stati sottoposti alle seguenti analisi chimiche: grado alcolico volumico effettivo, residuo zuccherino, aciditá titolabile (espressa in g/l di acido tartarico), acidità volatile, pH, acido malico e lattico (Table 1).

Si può notare come i vini rossi analizzati siano in sostanza privi di acido malico, avendo tutti quanti completato la fermentazione malo-lattica.

I vini rosati analizzati possiedono i principali valori analitici simili a quelli dei vini bianchi presi in considerazione.

Table 1.

Parametri chimici dei vini analizzati suddivisi per anno e tecnica di vinificazione.

3.2. Polifenoli totali

I campioni sono stati analizzati con il metodo di Folin-Ciocalteau, per determinare il contenuto totale di polifenoli (PFT) (Table 2). I vini rossi hanno mostrato di possedere un contenuto di PFT maggiore di almeno un ordine di grandezza rispetto ai vini bianchi. Le differenze osservate sono spiegabili con le differenze varietali oltre che con le diverse tecniche di vinificazione. I rosati mostrano un contenuto medio di PFT simile a quello dei bianchi.

Riguardo ai vini ottenuti da varietà singole, possiamo osservare importanti differenze. Per il Merlot e il Negroamaro, il contenuto di PFT varia poco al variare di ciascuna delle due annate considerate (per entrambe le varietà, 2017 e 2018). Per il Primitivo, i valori rilevati sono stati di 2.83 g/l nel 2016 e di 2.86 g/l nel 2017, e di 1.97 g/l nel 2018. Le differenze riscontrate per questo vitigno possono essere attribuite a una sua maggiore sensibilità alle variazioni climatiche: l'annata 2018 è stata caratterizzata, infatti, da una piovosità più abbondante nel suo periodo di maturazione rispetto agli anni precedenti. Il metodo di coltivazione, convenzionale o biologico, non ha manifestato sostanziali differenze nell'annata 2018. L'invecchiamento in botte ha influenzato il contenuto polifenolico (a causa delle cessioni di sostanze polifenoliche dal legno al vino): possiamo osservare come il Primitivo 2017 possegga un contenuto di PFT (2.8 g/l) inferiore rispetto a quello dello stesso vino dopo otto mesi di invecchiamento in botte (3.3 g/l). Il vino Papale Oro, invecchiato 10 mesi in botte e in corso di commercializzazione da parte della cantina Varvaglione 1921, presenta un contenuto di PFT (3.47 g/L) molto simile al Primitivo annata 2017, invecchiato in botte 8 mesi (3.38 g/l). Anche i vini proveniente dalle altre varietà di uve rosse, presentano valori molto alti di PFT come l'Aglianico (3.1 g/l), il Cabernet Sauvignon (3.6 g/l) e il Lambrusco (3.5 g/l), valori confermati dai dati di laboratorio sull'intensità colorante di questi vini non mostrati, però, in questo lavoro.

Per quanto riguarda i vini ottenuti nel 2018 dalle uve bianche o da vinificazioni in bianco (del Pinot Grigio), essi mostrano valori molto più bassi di polifenoli totali che variano da 0.14 g/l dello Chardonnay a 0.26 g/l del Pinot Grigio). Anche per i vini bianchi, e nello specifico per lo Chardonnay e la Falanghina, il metodo di produzione, convenzionale o biologico, non ha mostrato differenze nell'accumulo di PFT proprio come visto per il Primitivo.

Il Negroamaro rosato evidenzia valori di PFT molto vicini a quelli riscontrati nei vini bianchi.

Table 2.

Contenuto di polifenoli totali (PFT) e attività antiossidante dei vini suddivisi per annata e tecnica di vinificazione.

3.3. ORAC

L'attività antiossidante dei vini è stata misurata con il test ORAC (Table 2). Per i vini rossi abbiamo riscontrato valori compresi fra 42,800 µmol TE/L dell'Aleatico e 78,300 µmol TE/L dell'Aglianico. I vini bianchi, invece, mostrano valori più bassi, che variano da 2500 µmol TE/L del Minutolo a 5200 µmol TE/L della Falanghina.

In questa ricerca, vini molto ricchi di polifenoli come l'Aglianico, il Cabernet Sauvignon e il Lambrusco possiedono anche un elevato potere antiossidante. In particolare, l'Aglianico possiede il potere antiossidante maggiore rispetto a tutti i vini analizzati in questo lavoro. È interessante notare come il Merlot faccia registrare valori ORAC simili nelle due annate considerate, mentre il Negroamaro 2018 possieda 12,000 µmol TE/L in meno rispetto a quello dell'anno precedente. Riguardo al Primitivo, invece, si può facilmente notare come quello dell'annata 2018 possieda un'attività antiossidante più bassa di quella delle annate precedenti indipendentemente dal fatto che il metodo di produzione sia biologico o convenzionale. Inoltre, per il Primitivo invecchiato in botte 8 mesi e il Papale Oro, che possedevano un valore più alto di polifenoli totali, anche il potere antiossidante, risulta più alto. È interessante notare, inoltre, come il Primitivo sul quale era stato effettuato un salasso in fase di vendemmia, faccia registrare un potere antiossidante molto elevato, secondo solo a quello dell'Aglianico.

3.4. DPPH

Il potere antiossidante dei vini è stato misurato anche con il metodo spettrofotometrico del DPPH (Table 2). Sfruttando una chimica differente da quella del test ORAC, i risultati ottenuti con questo test mostrano come tra i vini rossi, il Primitivo prodotto con il metodo biologico e l'Aleatico siano i vini con il maggiore potere antiossidante con rispettivamente valori di 880 µmol TE/L e 878 µmol TE/L, seguiti dal Susumaniello (829 µmol TE/L) e dal Cabernet Sauvignon (738 µmol TE/L). Per quanto riguarda i vini bianchi, i valori più elevati del potere antiossidante si ritrovano per il Pinot grigio Bio (391 µmol TE/L) e per la Falanghina (377 µmol TE/L) e la Falanghina Bio (314 µmol TE/L). I vini rosati della varietà Negroamaro presentano valori molto simili ai vini bianchi piuttosto che ai vini rossi.

Table 3.

Coefficiente di correlazione di Pearson tra polifenoli totali e attività antiossidante (ORAC e DPPH) dei vini.

3.5. Analisi di correlazione e della componente principale (PCA)

È noto dalla letteratura che i polifenoli totali sono i principali responsabili del potere antiossidante e per tale ragione abbiamo eseguito un'analisi di correlazione tra il contenuto di PFT e l'attività antiossidante misurata con i test ORAC e DPPH. In Table 3 sono mostrati i coefficienti di Pearson tra tutte le variabili studiate per i nostri vini. In particolare, un'elevata correlazione positiva è riportata tra PFT e ORAC (p < 0.001,r = 0.963) in accordo con quanto riportato in letteratura [15]. Una correlazione più bassa è registrata invece tra PFT e DPPH (p < 0,01,r = 0.538). Interessante è la buona correlazione positiva tra i due test DPPH e ORAC (p < 0.001,r = 0.615).

L'Analisi della Componente Principale è mostrata nella Fig. 1. Il plot rappresenta il 56% (Componente Principale 1 “PC1”) e l'11% (Componente Principale 2 “PC2”) della varianza complessiva espressa dalle variabili misurate sui campioni di vino. Lungo la PC1 osserviamo che i campioni di vino tendono a raggrupparsi in due sottogruppi, uno costituito dai campioni di vino rosso, distribuiti nel primo e quarto quadrante, l'altro costituito dai campioni di vino bianco e rosato distribuiti nel secondo e terzo quadrante. Lungo la PC2 i punti relativi ai vini rossi si distribuiscono con maggiore ampiezza lungo la PC2 rispetto ai punti relativi ai vini bianchi. Per quanto osservato si deduce che lungo la PC1 i campioni di vino rosso si distanziano dai campioni di vino bianco e rosato principalmente per le variabili ORAC (0.3953) e acido malico (− 0.3932); mentre quanto osservato lungo la PC2 è molto influenzato dalla variabile glucosio+fruttosio (0.8835). Questi risultati ci permettono di concludere che i vini rossi presentano mediamente una maggiore capacità antiossidante misurata con il test ORAC rispetto ai vini bianchi, di contro questi ultimi sono mediamente più ricchi in acido malico rispetto ai vini rossi; inoltre è possibile affermare che i vini rossi presentano un contenuto in zuccheri semplici più variabile rispetto ai vini bianchi.

I risultati ottenuti confermano che i vini rossi si distinguono dai vini bianchi in quanto sono più ricchi di metaboliti secondari in grado di influenzare la capacità antiossidante.

thumbnail Figure 1.

PCA scoreplot (PC1 vs PC2) per i vini rossi (pallini rossi), i vini bianchi (pallini verdi) e i vini rosati (pallini rosa).

thumbnail Figure 2.

Scoreplots dei vini analizzati.

4. Conclusioni

I vini ottenuti dalle uve del territorio pugliese sono ottime fonti di sostanze antiossidanti.

Con il metodo DPPH, i risultati ottenuti mostrano come tra i vini rossi esaminati il Primitivo, in particolare quello prodotto con il metodo biologico, e l'Aleatico, costituiscono i vini con il maggiore potere antiossidante, con rispettivamente valori di 880 µmol TE/L e 878 µmol TE/L, seguiti dal Susumaniello con 829 µmol TE/L e dal Cabernet Sauvignon con 738 µmol TE/L.

Con il metodo ORAC, i vini a maggior potere antiossidante sono quelli rossi, con i maggiori valori mostrati da Aglianico, con oltre 78,000 µmol TE/L, Lambrusco, con circa 65,000 µmol TE/L e Cabernet Sauvignon, con circa 61,000 µmol TE/L. Il Primitivo, in funzione della tecniche usate nel vigneto e nella trasformazione delle uve, mostra valori

che vanno da circa 73,000 a 45,000 µmol TE/L. Per quello che riguarda l'influenza delle tecniche di vinificazione e di elaborazione del vino, il salasso e la conservazione in botte (come per il Papale Oro, in botte 10 mesi) hanno permesso l'ottenimento di vino con il maggior potere antiossidante, con valori rispettivi di circa 73,000 µmol TE/L e di oltre 66,000 µmol TE/L. Tra i vini bianchi, un contenuto maggiore di sostanze polifenoliche si riscontra nei vini ottenuti dalle uve di varietà Falanghina, Pinot grigio, MoscatoeVerdeca.

La ricerca conferma l'elevata correlazione tra il contenuto in PFT e l'attività antiossidante misurata con il metodo ORAC (r = 0.963). Minore correlazione è stata evidenziata tra i PFT e il metodo DPPH (r = 0.538).

Acknowledgments

Si ringrazia la “Varvaglione 1921” per la gentile disponibilità e collaborazione fornita nella presente ricerca.

Riferimenti

Tutte le tabelle

Table 1.

Parametri chimici dei vini analizzati suddivisi per anno e tecnica di vinificazione.

Table 2.

Contenuto di polifenoli totali (PFT) e attività antiossidante dei vini suddivisi per annata e tecnica di vinificazione.

Table 3.

Coefficiente di correlazione di Pearson tra polifenoli totali e attività antiossidante (ORAC e DPPH) dei vini.

Tutte le figure

thumbnail Figure 1.

PCA scoreplot (PC1 vs PC2) per i vini rossi (pallini rossi), i vini bianchi (pallini verdi) e i vini rosati (pallini rosa).

thumbnail Figure 2.

Scoreplots dei vini analizzati.

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